venerdì 27 luglio 2007

DANZATRICI

Paola Lattanzi

Si diploma nel 2002 alla Theater School di Amsterdam (Sndo dipartimento di coreografia) e lavora con molte compagnie in Italia e nei Paesi Bassi, tra cui il significativo incontro con Enzo Cosimi nel 2002. Nei suoi lavori c'è una particolare forma di narrazione, quasi dei racconti dove la storia non è intera ma accennata o tracciata, come se vi fosse un rimando a un prima e a un dopo. L'esigenza di lavorare nasce dal desiderio di ritrovare il filo della storia, che si rapporta sempre alla complessità delle cose viste e vissute, frammenti di un'esperienza che ha realmente avuto luogo. Dal 2000 firma le coreografie di alcuni suoi progetti rappresentati in vari paesi in Europa (tra gli altri The Place, London; RomaEuropa, Roma; DWA, Amsterdam). Nel suo ultimo lavoro, still life, che è tuttora un'opera in costruzione, ci sono tre presenze umane rispettivamente di 8, 33 e 60 anni. Si tratta di un esperimento di condivisione di uno spazio e di una relazione, in cui la differenza di età si trasforma in una riflessione sul tempo che muta i gesti.
Rizoma, per lei, sarà prima di tutto una opportunità di scambio, oggi più che mai pregnante dato che le scommesse collettive appaiono sempre più rare.


Patrizia Lo Sciuto

Il “moto armonico” che spinge Patrizia Lo Sciuto nei panorami della danza contemporanea ha origine in Sicilia, ma si è spinto nel tempo oltre i confini nazionali, in una costante sperimentazione di tecniche, intuizioni e ispirazioni. Un percorso scandito da incontri e maestri, da Dominique Dupuy, che forgia la sua percezione spaziale della danza presso l'Istituto Rencontres Internationales de Danse Contemporaine di Parigi alla fine degli anni ’80, a Trisha Brown, che ne orienta l’esperienza coreografica attraversando la Release Technique, o, ancora, la Limon Technique con Josèe Cazeneuve a Parigi. Altri tasselli hanno completato il disegno della formazione di Patrizia Lo Sciuto come interprete e autrice, dalla relazione tra fraseggio e atto trasmessole dal Maestro Alessandro De Santis, all’aspetto energetico del movimento, nello studio del Qi Gong.
Si delineano così i punti cardinali di una ricerca artistica volta a “Rivelare la danza attraverso le rime dei sensi”- secondo le parole della danzatrice. “Nell’arte del movimento la materia corpo sviluppa ed affina i sei sensi, comprendendo quello cinestetico, e la memoria corpo immagazzina dati di uno spazio esteriore ed interiore. La mia ricerca continua è come un tessere una trama in versi danzati dalla quale nasce una coreografia. L’abito coreografico cucito a volte sta stretto a volte sta largo. Accomodare l’abito secondo il punto di percezione è per me un gioco piacevole e misterioso”.
La ricerca sul movimento naturale e lo studio della libera circolazione dell'energia in un corpo affrancato da automatismi muscolari sono la cifra peculiare della Compagnia Moto Armonico, diretta dal 1995 da Patrizia e Betty Lo Sciuto. Malgré tout (1995), fra i primi spettacoli a vederla sia in scena, sia in veste di autrice, è manifesto di una danza che affonda nel corpo il senso e la natura della ricerca formale. “Attraverso il ritmo potente e misterioso della vita, nello spettacolo, la danza-corpo della donna si materializza nella rabbia scattosa al ritmo delle pulsazioni sanguigne, nella drammaticità della consapevolezza della dialettica amore e odio, dolore e gioia, attrazione e repulsione”.
Lo spettacolo Clinamen nel giugno del 2003, ottiene successo di critica e di pubblico al Festival Internazionale della Danza Contemporanea di Remscheid in Germania, e nell’ottobre dello stesso anno Patrizia Lo Sciuto è invitata a danzare a Wuppertal, nel progetto Körpertexte di Bernd Uwe Marszan, danzatore solista di Pina Bausch, come nuovamente nel maggio 2007 nell’installazione di arti visive, danza e musica Stanza di Luce presentata al Festival di danza del Centre Choregraphique National-Ballet Preljocaj di Aix en Provence.
Patrizia Lo Sciuto accetta la sfida di Rizoma, nell’incontro con artisti chiamati a confrontare e coordinare le proprie individualità: “Lascerò fare, accoglierò quello che accadrà, è questa la cosa affascinante. Il risultato sarà la forza dell’incontro di ogni specifica voce. Il gruppo come l’anello di uno spazio possibile”.


Aline Nari

“Per me la danza è ricerca comunicativa attraverso il movimento, quella indagine del sé indirizzata alla propria autenticità che si presta congiuntamente all’ascolto dell’altro” - spiega Aline Nari, nel raccontare la propria poetica di danzautrice. Classe 1970, studi di danza classica, modern jazz e contemporanea, impegnata come ricercatrice della storia della danza, oltre che come danzatrice, coreografa e insegnante, l’artista genovese è profonda conoscitrice delle qualità motorie e comunicative del corpo, in relazione allo spazio e al gruppo. Attenta ai diversi piani di relazione con la propria origine e con l’incognita del fruitore, predilige il gioco con elementi simbolici che tutti riconoscono, senza tuttavia tralasciare le possibili alterazioni di senso che il linguaggio della danza può generare. Nelle sue interpretazioni, la presenza si definisce in quanto unicità organica, espressiva e spirituale, ma non resta quasi mai individuale, diventa invece il tramite per indagare i terreni più o meno familiari: pur non avendo ancora sentito la particolare necessità di lavorare sola, Aline Nari pensa all’assolo come uno spettacolo dentro lo spettacolo. Spiega lei stessa che “la propria dimensione drammaturgica non può rimanere autoreferenziale, ma al contrario dovrebbe rivolgersi continuamente alla ricerca di un dialogo, che però il danzatore solista non sempre riesce ad alimentare”.
Se incontrando la compagnia Sosta Palmizi nel 1997, la danzatrice ha riconosciuto un terreno affine al suo e ha potuto individuare più facilmente la propria dimensione artistica, quando nel 2004 inizia a lavorare con Davide Frangioni, partner nella vita e nel lavoro, l’identificazione dell’immaginario si è ulteriormente potenziata. Questo stesso materiale, assieme a ciò che Aline conserva del proprio percorso artistico, è il bagaglio con cui arriva a Rizoma: “Un’occasione di confronto - come lei stessa auspica - un gioco a carte scoperte in cui mettersi in discussione”.


Ambra Senatore

Ambra Senatore lavora nell'ambito del teatro di danza in Italia e in Francia dal 1997, affiancando esperienze attoriali a quelle di danzatrice contemporanea. Si forma, tra gli altri, con Raffaella Giordano, Giorgio Rossi e Carolyn Carlson.
Come interprete collabora con lo stesso Rossi, Jean Claude Gallotta, con l'Impasto di Michela Lucenti, con Marco Baliani, Georges Lavaudant e con Roberto Castello per la sua compagnia Aldes.
Presto nasce in Ambra la necessità di esplorare la creatività e il movimento in totale autonomia rispetto a guide esterne, partendo dal suo corpo e dalle sue intuizioni. Questo percorso individuale porta nel 2004 a un primo solo: Eda.
Lo spettacolo ha al centro una figura di donna catturata in un quotidiano surreale eppure riconoscibile, tra lavori domestici, solitudini e tentativi di emancipazione.
Nel 2005 la Senatore realizza Merce, descritto dalla coreografa come “uno scherzo moderatamente provocatorio” che esplicita la dimensione del commercio nel mondo artistico. Si tratta infatti di un catalogo di coreografie, già realizzate o ancora in divenire, che Ambra presenta mettendole in vendita, con tanto di prezzo e caratteristiche tecniche. Il sarcasmo flirta quindi con i dati della realtà, in un mercato spettacolare dove ogni proposta è giocoforza trattata come una merce da vendere a operatori affamati di novità.
Con il suo ultimo lavoro, Altro piccolo progetto domestico, torna a proporre una figura femminile in un ambiente casalingo, ovvero una cucina anni Cinquanta in cui la Senatore utilizza, distorcendole, le immagini e gli stereotipi delle réclame dell'epoca. Questo lavoro si pone in una relazione di continuità con Eda, portando in scena una quotidianità domestica che rivela alcune affinità con il primo solo un po' irridendo un po' enfatizzando questa condizione. Che sia sublimazione di un desiderio o affrancamento da una distanza, sembra essere questa la dimensione più fertile della ricerca della coreografa, sempre trattata con ironia e surreale straniamento.
Tra i numerosi incontri della vita, importante per il suo fare artistico è quello con Roberto Castello, rispetto al quale Ambra riconosce un approccio simile alla creatività, fatta anche di sarcasmo e di levità di sguardo.
Per Rizoma ha intenzione di porsi a servizio del gruppo per aprire una dimensione di ascolto e disponibilità verso gli incontri che avverranno, sia rispetto a ciò che le somiglia sia rispetto alle ricerche difformi dalla sua, in attesa di possibili scintille artistiche.

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