Abbandonata la forma esplosa dell'evento precedente, le notti al castello di Malgrate riconquistano la linearità. Una linearità mobile e scossa, in cui è il pubblico a percorrere, guidato, le diverse tappe della serata, a seguirne le trame snodate lungo le stanze del maniero.
Per Dinamiche il ritmo sale e la musica si alza: l'ultimo appuntamento viene introdotto da una moderna Jane Fonda. È Silvia Mercuriali che saltando e ballando presenta la situazione tramite la consueta ripresa video, stropicciando la sintassi con una lingua italiana volutamente tinta di inglese. Abbandonato lo schermo, la presentatrice si incarna tra gli spettatori nella veste di severo arbitro della situazione, e guida il pubblico con un fare che è a metà tra quello dell'allenatore e quello del vigile urbano, ma questa sera non ci sono incroci da sciogliere. Così lo sguardo viene accompagnato in terrazza per incontrare Aline Nari e Paola Lattanzi, i cui movimenti si inseguono e dialogano nello stretto camminamento superiore.
Al pianterreno Anna Rispoli, se nella serata precedente aveva creato la terra, continua in questo alveo con un'altra performance in bilico tra un'epica creatrice e la mitologia del contemporaneo. Sempre avvalendosi di elementi e oggetti di uso comune, la Rispoli mette in forma piccole situazioni su cui puntare l'occhio della camera, e il frame video, proiettato nella finestra della torre, sintetizza e esplicita il risultato delle azioni. Questa volta l'artista crea la luna, e la fa conquistare proprio dagli americani, con tanto di astronauta incapsulato nella tuta e bandierina che garrisce a un inspiegabile vento, inspiegabile almeno nei documenti di quella notte del '69 perché qui è creato ad arte con un piccolo ventilatore.
Dopo la visione di video, uno coreografico di Patrizia Lo Sciuto e un viaggio in Oriente di Stefano Giannotti, oltre all'apparizione di una seminuda Ambra Senatore catapultata al castello da un dimensione spaziotemporale altra in cui lei si stava facendo una doccia, la serata prende mordente con un piccolo esame. Tutti gli astanti sono sottoposti a un giocoso test attitudinale dello spettatore con cui si indaga la comprensione e il grado di familiarità rispetto all'universo della danza contemporanea. Le quattro danzatrici di Rizoma improvvisano, individualmente o in piccoli gruppi, alcune sequenze. Il pubblico ha tre possibilità, solitamente buffe o surreali, ma anche canoniche e di maniera, tra cui scegliere il titolo che ritiene più adatto per ogni proposta. Nella stanza si ride e ci si confronta, si sbircia il foglio del compagno di banco e si chiedono suggerimenti, in una parola si guarda la danza e si gioca esplicitamente con i suoi clichè interpretativi.
Esplosivo anche il gran finale, con la preparazione di un concerto all'interno della torre. Il batterista è un vero special guest, Andrea Giuliani, insieme a Tommaso Checcucci uno dei due insostituibili e infaticabili tecnici senza i quali il festival non sarebbe stato possibile. E tutto nelle regole: pubblico accomodato in platea, soliti movimenti “sul palco” che precedono l'attacco ma, collegato l'ultimo jack, Christophe Mejerhans, chitarra alla mano, chiude la porta del torrione e con essa la vista sui musicisti. Un muro di volumi straripa dalla stanza chiusa, dalle fenditure tra le pietre, dalle fessure incise dal tempo. Il pubblico indossa attonito la sua sorpresa, poi la trasforma in divertita partecipazione, con qualche accenno di ballo.
Per finire, Roberto Castello, con una pistola puntata alla tempia, ringrazia gli artisti per i lodevoli risultati ottenuti nonostante i ritmi improponibili di lavoro a cui sono stati sottoposti. E così, con alcune considerazioni che sarebbe interessante riprendere in altra sede, cala il sipario sul festival.
Per Dinamiche il ritmo sale e la musica si alza: l'ultimo appuntamento viene introdotto da una moderna Jane Fonda. È Silvia Mercuriali che saltando e ballando presenta la situazione tramite la consueta ripresa video, stropicciando la sintassi con una lingua italiana volutamente tinta di inglese. Abbandonato lo schermo, la presentatrice si incarna tra gli spettatori nella veste di severo arbitro della situazione, e guida il pubblico con un fare che è a metà tra quello dell'allenatore e quello del vigile urbano, ma questa sera non ci sono incroci da sciogliere. Così lo sguardo viene accompagnato in terrazza per incontrare Aline Nari e Paola Lattanzi, i cui movimenti si inseguono e dialogano nello stretto camminamento superiore.
Al pianterreno Anna Rispoli, se nella serata precedente aveva creato la terra, continua in questo alveo con un'altra performance in bilico tra un'epica creatrice e la mitologia del contemporaneo. Sempre avvalendosi di elementi e oggetti di uso comune, la Rispoli mette in forma piccole situazioni su cui puntare l'occhio della camera, e il frame video, proiettato nella finestra della torre, sintetizza e esplicita il risultato delle azioni. Questa volta l'artista crea la luna, e la fa conquistare proprio dagli americani, con tanto di astronauta incapsulato nella tuta e bandierina che garrisce a un inspiegabile vento, inspiegabile almeno nei documenti di quella notte del '69 perché qui è creato ad arte con un piccolo ventilatore.
Dopo la visione di video, uno coreografico di Patrizia Lo Sciuto e un viaggio in Oriente di Stefano Giannotti, oltre all'apparizione di una seminuda Ambra Senatore catapultata al castello da un dimensione spaziotemporale altra in cui lei si stava facendo una doccia, la serata prende mordente con un piccolo esame. Tutti gli astanti sono sottoposti a un giocoso test attitudinale dello spettatore con cui si indaga la comprensione e il grado di familiarità rispetto all'universo della danza contemporanea. Le quattro danzatrici di Rizoma improvvisano, individualmente o in piccoli gruppi, alcune sequenze. Il pubblico ha tre possibilità, solitamente buffe o surreali, ma anche canoniche e di maniera, tra cui scegliere il titolo che ritiene più adatto per ogni proposta. Nella stanza si ride e ci si confronta, si sbircia il foglio del compagno di banco e si chiedono suggerimenti, in una parola si guarda la danza e si gioca esplicitamente con i suoi clichè interpretativi.
Esplosivo anche il gran finale, con la preparazione di un concerto all'interno della torre. Il batterista è un vero special guest, Andrea Giuliani, insieme a Tommaso Checcucci uno dei due insostituibili e infaticabili tecnici senza i quali il festival non sarebbe stato possibile. E tutto nelle regole: pubblico accomodato in platea, soliti movimenti “sul palco” che precedono l'attacco ma, collegato l'ultimo jack, Christophe Mejerhans, chitarra alla mano, chiude la porta del torrione e con essa la vista sui musicisti. Un muro di volumi straripa dalla stanza chiusa, dalle fenditure tra le pietre, dalle fessure incise dal tempo. Il pubblico indossa attonito la sua sorpresa, poi la trasforma in divertita partecipazione, con qualche accenno di ballo.
Per finire, Roberto Castello, con una pistola puntata alla tempia, ringrazia gli artisti per i lodevoli risultati ottenuti nonostante i ritmi improponibili di lavoro a cui sono stati sottoposti. E così, con alcune considerazioni che sarebbe interessante riprendere in altra sede, cala il sipario sul festival.
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